di Angela Fedele
L’opera di Walter Zuccarini si attua e si sostanzia pienamente nel mistero dell’abitare la ‘soglia’: questa è la chiave di lettura.
La sua è propriamente arte del ‘confine’, che consiste nel gesto artistico di dar forma all’invisibile, all’infinito, nell’hic et nunc, che si orienta a una ricerca agonica del vero e che si colloca al limite, al confine tra limitato e illimitato, tra finito e infinito, tra visibile e invisibile, scardinando così definitivamente il costante esser proiettato, tipico dell’uomo, nel ‘non presente’.
Il suo costitutivo orientamento del percepire la relazione viva, vitale e sostanziale tra i due mondi ha una ricaduta e fortissime implicazioni sul piano relazionale, entrato in crisi nel Postmoderno, a partire dalle svolte collettivistiche e individualistiche, che hanno condotto al dramma della spersonalizzazione e della solitudine, nonché all’urlo egoico dell’egoismo, del principio di identità dell’A=A, ossia dell’io=io.
Il suo rivolgersi alla sfera del mondo naturale, umano e soprasensibile come ad un ‘tu’ che mi sta di fronte, e che mi interpella costantemente, getta le basi per un nuovo modo di fare arte, che è al contempo arte stessa del vivere, che si pone nella dimensione del salvaguardare la relazione interumana e non al cospetto di un ‘Terzo’ che faccia da garante alla corruzione della materia e dello Spirito.