PERCHE’.
La Residenza creativa, per noi, è una politica culturale gestita dal basso, privata e indipendente. Gli artisti, da sempre hanno avuto corti, palazzi, salotti, aperti alla loro creatività, ma anche trattorie, bar, enoteche, bistrot disposti a ospitare gli squattrinati artisti magari in cambio di uno schizzo a matita sulla tovaglia di carta.
Che faceva il Duca da Montefeltro nel suo palazzo? O Madame de Stael? O il proprietario dell’enoteca Buccone a Roma? Aiutavano gli artisti, per lo più poeti, musicisti, pittori, a sbarcare il lunario; per i creativi di ogni epoca c’era la possibilità di non pensare al mantenimento e per i mecenati l’onore e l’orgoglio nell’aiutare un artista; (nelle corti rinascimentali, ma anche in seguito, scattò anche una sorta di concorrenza). Perché si sa, l’Arte rende più leggero il peso della vita. Forse regala un senso, forse “cura”, e quasi sempre solleva da terra.
La cultura del Sessantotto ci ha donato l’indifferenza al potere, la voglia di riappropriazione dal basso dei BENI CULTURALI, che sono BENI COMUNI, la ricerca di una offerta culturale sanamente popolare, come la intendeva Gramsci.
Per noi Arte è curiosità, condivisione, stupore. È una freccia, è un pensiero altro, è un’infinita domanda di senso. Accogliere gli artisti (finora, in quattro anni sono passati scultori, pittori, videomaker, amanti delle installazioni, performer, videoartisti, poeti, scrittori, musicisti, ceramisti, designer, calligrafi…) ci riempie di gioia, ci porta il mondo dentro casa; ci sentiamo utili, impegnati, altruisti, sognatori. Crediamo che sia utile per loro conoscere una bellezza così struggente come il Furlo e per il territorio sia altrettanto utile avere delle persone speciali che vanno in giro a conoscere questi paesaggi, le memorie mezzadrili, le colline del Montefeltro, le rocche fortificate. Già, le rocche. E non è forse una forma di “arroccamento” questa voglia di Residenze Creative? Un moderna arcadia per artisti, un’aristocrazia popolare? Perché certo il mecenatismo individuale ha un costo (noi siamo due pensionati), ma quale ritorno incommensurabile abbiamo? Mille metri quadri di casa che in estate diventano una babele teatrale e tutto il Parco pieno di opere, di installazioni, di “segni”. E vedere intere famiglie e gruppi di stranieri che passeggiano liberamente nel giardino, nel bosco, nel frutteto, a scoprire le opere più nascoste è una gioia che non ha prezzo.
Andreina De Tomassi e Antonio Sorace
Un commento
Tonio Bisconti
Bene.Un abbraccio.