La scultura Kairos rappresenta immaginativamente un essere umano nell’atto dello sforzo per liberarsi: le labbra pronunciano il sacro Logos, le braccia e le mani si trasmutano in ali per il volo, per quel salto interiore individuale necessario, che diventa evolutivo per tutta la comunità, risvegliata alla coscienza dell’unità. Il kairos è il tempo supremo della crisi e della prova, il tempo da cui sorge la possibilità di creare il nuovo. L’essere umano, creatura divina, realizza la sua missione sulla Terra.
La Casa per le Arti ha partecipato con il cuore alla creazione di Kairos.
Queste le belle e intense riflessioni di Angela Fedele:
Kairos: lo Ubermensch celeste è tra noi.
“La domanda decisiva per l’uomo è questa:
è egli rivolto all’infinito oppure no?”
Karl Gustav Jung
Siamo al crepuscolo dell’era degli artisti ‘dannati’. Questo è il Tempo degli artisti ‘benedetti’, se davvero vogliamo evolverci. Ora occorrono le forze luminose del Bene.
Ho assistito in prima persona, e con meraviglia primigenia, alla venuta alla luce dell’opera della maturità di Walter Zuccarini: Kairos. La sua metamorfosi dalla potenza all’atto, dall’Idea alla forma materiale, è stata senza alcun dubbio prodigiosa. Ho visto Walter scolpire per l’intera estate, a temperature elevatissime, con un impegno e una dedizione superiori alle sue stesse forze.
L’artista del ‘confine’, l’artigiano che ‘abita la soglia’, l’uomo che costitutivamente, e per sua stessa essenza , è azione pura, ci ha donato un miracolo. Guarda, o uomo, le belle forme candide e classicheggianti di Kairos, dell’Oltreuomo celeste; avvicinati e ascolta il monito primordiale, la parola prima ed ultima che esce dalle sue labbra semiaperte: «Sii individuo e collocati tra terra e cielo! Questo è il momento propizio! Non indugiare, perché Michele vomita i tiepidi!». Alfa e Omega si baciano: tutto è compiuto.
Zuccarini, con Kairos, ha posto al centro dell’attenzione la questione cruciale: la relazione finito-infinito. Scriveva Carl Gustav Jung nel suo Ricordi, sogni, riflessioni che “se riusciamo a capire e a sentire che già in questa vita abbiamo un legame con l’infinito i nostri desideri e i nostri atteggiamenti mutano.” È proprio nell’essere limitato dell’uomo che risiede la partecipazione all’infinito, faceva notare Martin Buber in Il problema dell’uomo: come potrebbe l’uomo essere finito se al di là di questo suo limite non c’è altro?
Attraverso Kairos, Zuccarini ci spinge fortemente a pensare come nella natura umana, che è caratterizzata al contempo dalla sua strutturale finitezza e dalla sua partecipazione all’infinito, risiede l’essere radicato nell’Assoluto.