L’anima umana si incarna sulla Terra in un corpo fisico materiale per evolvere spiritualmente, per sviluppare il proprio Sé superiore confrontandosi con il mondo. L’incontro con l’altro ci sottrae al senso di solitudine che avvertiamo per il fatto di sentirci, nella nostra dimensione interiore, confinati, prigionieri in un corpo.
In considerazione di ciò, possiamo renderci conto della assoluta gravità e delle inimmaginabili conseguenze di quanto sta succedendo con il distanziamento sociale che ci è imposto da due anni, soprattutto per lo sviluppo animico dei bambini e dei giovani, prime vittime del disorientamento culturale e del senso di smarrimento della realtà.
Ma questa situazione, per chi ne ha consapevolezza, è una chiamata al risveglio delle forze del cuore e ai valori più profondamente umani: l’anelito alla verità, alla giustizia, alla libertà passa attraverso l’esercizio e lo sviluppo della capacità di amare, insita in ognuno. L’amore non è infatti un sentimento, ma una forza reale che crea e trasmuta ogni sostanza, una forza che risiede nella sfera del cuore e che, come un seme, ha bisogno di essere curato perché possa trasformarsi e diventare albero che porta frutti.
L’arte è il linguaggio del cuore, che sviluppa le forze d’amore, scolpisce l’anima, la libera da tutto ciò che non è essenziale. Possiamo ritrovare rappresentato artisticamente tutto questo nei Prigioni di Michelangelo che ci mostrano la volontà in atto di liberarsi e manifestarsi.
L’arte dovrebbe essere intesa, quindi, come processo artistico trasformativo di noi stessi, della nostra anima. Se l’arte è vissuta come processo evolutivo interiore, può rivelarci qualcosa sul mistero del nostro esistere, sulla natura della creazione divina che noi stessi siamo. I nostri stessi corpi, dal più denso al più sottile, sono arte, sono costituiti, intessuti di elementi e processi artistici; possiamo riconoscere l’arte dell’architettura nella struttura scheletrica, l’arte plastica scultorea nelle forme dei nostri muscoli curvilinei, concavi e convessi, l’arte della pittura nell’elemento del colore dei nostri occhi, dei nostri capelli e del nostro incarnato, la musica nella nostra voce, nel ritmo del respiro, nel suono dell’incedere dei nostri passi, nel pianto e nel riso, l’arte della poesia nelle vicende e nelle esperienze che viviamo, la danza nel modo di muoverci nello spazio-tempo, il teatro nel personaggio temporaneo che interpretiamo sul palcoscenico dell’esistenza.
In questo tempo di crisi e di cambiamento l’arte dunque è testimonianza di ricerca della verità, sentinella di libertà e di umanità. Mai come ora abbiamo bisogno di riconoscere, difendere e salvaguardare l’arte nella sua funzione evolutiva spirituale e sociale. Urge rifondare l’idea e la pratica dell’arte per contrastare e superare il tentativo di demolizione e svuotamento da parte di un sistema che per dominarci ha definito, veicolato e favorito l’arte come capriccio egocentrico, prodotto voluttuario, merce elitaria. Rifondare l’arte significa rifondare l’etica del vivere riconoscendo l’origine spirituale della nostra capacità di creare, a partire da valori di onestà e pulizia interiori, gratitudine per la vita, sentimento del sacro. Possiamo attingere e dare continuità al passato, depurandolo, lasciando sedimentare le scorie per rigenerare il potere creativo che ognuno ha in sé, onorare e imprimere la bellezza e l’armonia del Macrocosmo nel Microcosmo.
Questo è il contagio di cui abbiamo assoluto bisogno, questa è l’attività che nessuna autorità governativa potrà mai definire essenziale, e dunque concessa, o voluttuaria, e pertanto vietata. Nessuno, nell’integrità della propria coscienza, fedele a se stesso e alla missione dell’epoca dell’anima cosciente, potrà mai accettare di piegarsi e obbedire all’arbitrio di qualche folle, rinunciando alla propria libertà e dunque alla propria dignità.